sabato 17 ottobre 2015

Storia triste di un uomo triste



C’era una volta un ragazzo che per comodità (e per motivi di privacy) chiamerò “belli capelli”.

Belli capelli lo conobbi qualche anno fa durante una partita di pallavolo. Pensai subito che si stava prendendo troppo sul serio, nonostante mostrasse effettivamente spiccate qualità nel gioco a dispetto di un abbigliamento un po’, come dire, da coglione.
Era un supereroe con una magliettina nera e un pantaloncino argentato attillatissimo, che gli arrivava a metà coscia e gli delineava perfettamente l’armonia degli zebedei.
Belli capelli deve il suo nome alla chioma, sempre sistemata in modo impeccabile mediante l’uso si svariati etti di gel e con la detonazione di petardi avanzati dal Capodanno precedente; taglio di capelli modaiolo, barba sistemata quotidianamente con un precisione raccapricciante.
Belli capelli in fondo è un bel ragazzo, con un bel fisico. Usa una quantità tale di profumo da diventare il primo essere umano infiammabile o suscettibile di autocombustione.
Dicevo, la pallavolo vissuta come manco ci fosse in ballo la dignità dell’uomo: ci teneva parecchio. Tanto che, alla finale del torneo, la madre e il padre vennero al palazzetto muniti di videocamera per immortalare le gesta del figlio.

La squadra di Belli capelli perse la partita contro ogni pronostico.
Che disfatta.
Io ero certo che si sarebbe tolto la vita il giorno seguente.


E invece no.

Nei mesi successivi mi è capitato di ritrovarmelo durante alcune lezioni all’università. Con orgoglio sfoggiava la sua penna con registratore incorporato.
Figata. Se non fosse che io quel giorno avessi una sorta di tubercolosi e ho trascorso la metà del tempo a scatarrarvici sopra.
Deve essere stato interessante riascoltare quella lezione.
Ma soprattutto la domanda è: come cazzo si ascolta una lezione da una penna? Si inserisce nel cranio attraverso l’orecchio? O più comodamente si tenta di sfruttare “l’effetto eco” lungo gli intestini, previo inserimento nel culo?


Belli capelli è coraggioso e sicuro di sé: non c’è ragazza (pseudo)carina della facoltà che lui non abbia approcciato, che non abbia ricevuto la sua richiesta di amicizia su facebook nelle 12 ore successive al suo approccio visivo, o che non abbia un “mi piace” ad una propria foto in cui si intraveda una discreta quota di tessuto mammario.

Belli capelli si diverte: l’ho visto ballare. Ho avuto questo onore. Ha le tipiche movenze di chi si diverte, quelle del “popolo della notte”, di chi calca piste da ballo truzze dalla pubertà: braccia larghe con ascella pezzata, avambracci sollevati fino a formare un angolo di 70-90° a livello dell’articolazione del gomito, articolazione del collo ondeggiante lateralmente con una fluidità che uno come me si sogna soltanto e, dulcis in fundo, culo sporgente e a papera.
Uno spettacolo per gli occhi.


Belli capelli è pieno di amici.
Anzi no. Ogni volta che lo vedo in un contesto, qualsiasi esso sia, mi chiedo
“ma ‘sto coglione che cazzo sta a fare?”
o “ma ‘sto coglione chi l’ha invitato?”
oppure “ma ‘sto coglione a chi è amico?”.
Nessuno, ad oggi, è riuscito a darmi una risposta certa.

La prova della mia lungimiranza c’è stata ieri, in cui ho assistito ad uno degli spettacoli più ingenuamente tristi della mia vita.
Seduta di laurea. Io ero uno degli invitati.
Belli capelli arriva in facoltà e mi raggiunge su una panchina per salutarmi. 


“Io oggi volevo venire alle lauree... Ma nessuno mi ha invitato” 

Ma lui non era triste. Era in quella fase ingenua in cui con lo sguardo cercava qualcuno che si stesse divertendo o che fosse felice, per poter suggere la sua stessa felicità e voglia di divertirsi.
In quel momento mi stavo sganasciando internamente dalle risate (o forse era una crisi asmatica dovuta al profumo che quell'uomo emanava), ma tornato a casa e scrivendo queste cazzate mi è calata una tristezza immane.


Ma poichè sono un fottutissimo stronzo senza cuore nei confronti di buona parte delle creature presenti su questo pianeta, soprattutto di quelle di cui non ne capisco la ragion d'essere, allora stigrancazzi.



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